Le valutazioni sono sempre personali
"Da che punto guardi il mondo, tutto dipende" cantava il poeta.
“Dipende” non è la risposta che ci aspettiamo quando si parla di numeri. Ci hanno insegnato che uno più uno fa due e che pi greco è uguale a 3,14.
Man mano che si sale nella scala complessità dei ragionamenti e si scende nei meandri della vita reale, tutto diventa relativo.
Prendiamo la valutazione finanziaria di un'azienda, ad esempio. La sua determinazione può variare ampiamente a seconda di diversi fattori e delle prospettive degli analisti.
Una delle principali ragioni di questa variabilità è l'uso di diverse metodologie di valutazione che possono produrre risultati differenti a seconda delle ipotesi sottostanti, i tassi di crescita futuri previsti. La percezione del rischio può variare tra gli investitori, le aspettative di crescita possono anche differire tra gli analisti, alcuni dei quali potrebbero vedere un potenziale significativo in nuove tecnologie o prodotti, mentre altri potrebbero essere più cauti.
Le condizioni del mercato finanziario e l'umore degli investitori hanno un impatto considerevole sulla valutazione. In periodi di ottimismo di mercato, le valutazioni tendono ad aumentare, mentre in periodi di pessimismo possono scendere. Anche cambiamenti nelle condizioni economiche e politiche, come le politiche governative o le fluttuazioni economiche, possono alterare le valutazioni nel tempo.
Un altro aspetto importante è il confronto con i pari del settore. Le valutazioni di un'azienda possono essere influenzate dalle performance e dalle valutazioni di altre aziende nel medesimo settore. Infine, le valutazioni possono cambiare nel tempo man mano che emergono nuove informazioni. Sviluppi aziendali, aggiornamenti economici e finanziari possono portare gli analisti a rivedere le valutazioni precedenti.
Questo rende la valutazione finanziaria una “disciplina scientifica creativa” (la definizione è mia) che richiede un alto tasso di “dipende” da abbinare alle analisi numeriche.
Ognuno fa le sue valutazioni
Quando compriamo qualcosa, facciamo una valutazione: delle aziende, dei nostri mezzi, dei nostri principi, calcoliamo il valore del prodotto per noi e l’eventuale valore o disvalore per il mondo. Quest’ultimo può valere 0, nel senso che non ce ne importa.
È giusto ragionare così? Lascio a te fare le valutazioni del caso.
Era il 2000 quando No Logo di Naomi Klein portò la parola globalizzazione sulla bocca di tutti e non posso negare che quel libro ha avuto un grandissimo impatto sulla mia adolescenza e sulla scelta iniziale dei miei studi universitari.
Il libro ha svelato al mondo le pratiche inique di produzione della moda: non si parlava ancora di fast fashion bensì di brand amatissimi e costosi che facevano produrre i loro prodotti a schiavi nei Paesi del sud est asiatico.
Sembra una storia già sentita di recente? Sono passati 24 anni dall’uscita della “bibbia del movimento no global” e i problemi denunciati da Naomi Klein sono tutti qui, con l’aggravante ambientale che all’epoca non era così sentita come adesso.
Conoscere a memoria questo libro mi ha impedito di comprare fast fashion per anni? Spoiler: no.
Mentre scrivo queste cose ho addosso una camicia Uniqlo, dei leggings adidas e dei calzini Primark, capi presi parecchio tempo fa.
Le mie valutazioni si basano su un assunto: compro il meglio che mi posso permettere e cerco di farmelo durare più che posso. Dietro questo ragionamento ci stanno un privilegio economico e anni di riflessioni personali sulla moda e il mio stile personale.
Dieci anni fa mi comportavo diversamente. Mi ci sono voluti anni per smettere di comprare compulsivamente e sono pronta a farmi crocifiggere dicendo che non è stato il cambiamento climatico a convincermi. O meglio, il cambiamento climatico è stata una delle cause indirette. Il poliestere mi fa puzzare. Più le stagioni diventano calde, più sudo.
Il poliestere ha un costo personale troppo alto: l’ostracismo dalla società.
Ognuno fa le sue valutazioni. Non convinceremo nessuno della bontà delle nostre valutazioni, perché sono relative. Quello che possiamo fare è portare nuovi elementi per favorire il cambiamento della valutazione altrui.
Spoiler: la superiorità morale non è un argomento valido. Il sudore, forse sì.
Incipit della settimana
Naomi Klein, No Logo, Baldini & Castoldi.
Questa è la copia che mi segue ovunque da quando ho 16 anni. Credo sia una lettura fondamentale per chi studia comunicazione e marketing o lavora in questo ambito. Se non fai parte di questa categoria, credo che apprezzerai lo stesso questo saggio, pieno di storie su come stava cambiando il mondo all’inizio del millennio e non solo. L’ultimo capitolo si chiama Consumismo vs Civismo e credo sia la sfida filosofica più grande del nostro secolo.
52 Week Challenge
Un pezzo di questo numero della newsletter conteneva un approfondimento su Temu, che ho eliminato perché stavo andando un po’ lunga.
Ne riparleremo.
Intanto ti lascio con l’11, che sono i miliardi di fatturato dell’azienda cinese nel 2023. Cosa vuol dire questo numero te lo racconto un’altra volta.
Jarabe de palo, quanta saggezza ❤️